Ne parlavo giusto con Te



Ti è mai capitato di fantasticare sulla persona che ti passa avanti di corsa, dimenandosi con mille borse, o sul vecchietto che con lo sguardo perso nel vuoto sembra proiettare le immagini della sua giovinezza dai suoi occhi? Io l'ho fatto e lo faccio ancora. E quando nel farlo ascolto una canzone il viaggio continua e prende vita.



domenica 30 novembre 2014

> Work hard, Play hard, Win harder








Capita spesso di essere in gruppo e dover tirare fuori un'idea saporita e coinvolgente a tal punto da poter accontentare tutti.
Pre-vacanza: bisogna trovare la meta del prossimo viaggio all'insegna di relax e divertimento. 
"Italia!","Crociera!","Capitale europea!". 
Come succede di frequente, ognuno farà la sua proposta certo del fatto che quella prima opinione risulterà vincitrice.
Con questa convinzione ci si blocca alle prime soluzioni e non si riuscirà ad arrivare molto lontano, limitando drasticamente la nostra fantasia ed eventuali obiettivi futuri.
Quanto sarebbe bello riuscire a essere, quantomeno in un primo momento, svincolati dalla propria idea e continuare a far viaggiare la propria mente?
Immaginiamo di avere avanti a noi un cumulo di terra e di versarci sopra lentamente un bicchiere d'acqua.
Non ho la possibilità di prevedere dove questa defluirà per scendere alla base, non è calcolabile. 
Rifacendosi all'esempio precedente sui viaggi invece, dopo aver versato il liquido, questo percorrerà delle strade che già le esperienze passate hanno solcato, rendendo i tragitti prevedibili e individuabili prima ancora di essere effettuati.
Solo i bambini, digiuni da esperienze, vivono secondo il primo caso: distaccati quanto basta per vivere ogni situazione nuova lasciando che questa ti arrivi addosso e ti coinvolga senza preconcetti.
Immaginiamo di dover lavorare per un torneo di tennis a cui sono iscritti 256 partecipanti e di dover stabilire quanti incontri vengano disputati.
Pensando a semifinali, quarti e sedicesimi quello che ci viene da fare é iniziare ad operare con divisioni e moltiplicazioni per poi sommare tutto fino ad ottenere il numero richiesto. 
E se invece la pensassimo Diversa.Mente.? Come farebbe un bambino?
Per essere escluso dal torneo mi basta perdere un incontro, so che ho un solo vincitore fra i 256 partecipanti: avrò 255 partite disputate pari al numero degli esclusi. 
Un pensiero semplice e alternativo che porta alla soluzione con il minimo sforzo.
Proviamo ad unire con quattro tratti continui 9 puntini disposti su tre colonne per tre righe ( Immagine ).
La soluzione è anche qui non immediata e, come in precedenza, la non-esperienza può aiutare.
Fissati al concetto di quadrato, ne percorreremo i lati e le diagonali senza trovare però la soluzione che invece ci viene immediatamente regalata scordandoci della figura geometrica e uscendo dai suoi confini.
Eliminare gli stereotipi, approcciare ogni giorno ritarandosi e avendo l'abilità di viverlo senza complicazioni passate non é di certo facile, ma la teoria degli alibi che ogni giorno creiamo per affrontare gli ostacoli che ci si pongono avanti ci comporta lo stesso dispendio di energie.
Voglio vivere come un bambino, per averne la stessa serenità, urlando "Tana libera tutti!" e non pensando a come si posizionerà la mia ruota dopo aver girato.




E.R.





domenica 23 novembre 2014

> Un Accordo sparato nelle vene


Musica consigliata: "Alzo le mani - Fabi Silvestri Gazzè"



Stavolta partiamo dalla fine.
Gli strumenti e le voci si fermano per la prima volta e anche se ormai il pubblico sa che i suoi idoli ritorneranno per le ultime canzoni, dopo la più classica delle finte, si sbraccia saltando e urlando a gran voce, incitando cantanti e strumenti a rimanere, proprio come farebbe un bimbo che lasciato sulla soglia del portone della scuola non permetterebbe mai al suo genitore di andar via, avvinghiandosi alla sua gamba e scoppiando in un pianto fragoroso pur di averlo a se'.
Eccoli, sono loro, rientrano e sanno che dovranno riconquistare sia il pubblico delle poltroncine, composto da quelli che hanno staccato da lavoro e sono arrivati giusto in tempo per la prima canzone della scaletta, che quello formato dai più grandi fans.
Per questi ultimi "il Concerto" si vive davvero solo in parterre, ed è preceduto dalla necessaria e interminabile fila in compagnia dello zainetto pieno di ogni ben di dio e delle bottigliette senza tappo che anche questa volta non riusciranno mai ad uccidere nessuno.
É il concerto dell'idolo di una vita, quello legato ai bei ricordi.
Alla canzone del primo bacio e a quella dell'ultimo, alle notti felici con gli amici e all'adrenalina necessaria prima di entrare in palestra.
Eccoli rientrare sul palco, tutti pendono dalle loro labbra e sperano possano parlare di ciascuno di loro nella prossima canzone.
"Ha guardato proprio me! Lo hai visto? Aspetta aspetta che ora si rigira!"- esclameranno prima o poi tutti prima che venga suonato l'accordo finale.
Il concerto è stato un successo, e sono riuscito a fare tutto ciò che mi ero ripromesso.
La chiamata con dedica ad Angela e alle sue lacrime, la registrazione di quella canzone che meglio di un oroscopo aveva predetto come sarebbe andata a finire la nostra storia e centinaia di foto, che non mi hanno impedito però di riuscire a godermi ogni momento e forse lo hanno anche arricchito.
La musica da sempre gioca un ruolo fondamentale in ogni episodio di quella fiction reale che amiamo vivere.
Ne apprezziamo fedeltà, e magia.
Inserite quelle cuffiette e premuto il tasto a freccetta, ci spedisce ogni volta in quel limbo nel quale, sollevato dalle mie realtà, posso sempre staccare la spina e tirare qualche boccata d'aria pulita.
Così quando assistiamo ad una performance dal vivo, alcune corde vengono pizzicate anche meglio del solito e dentro di noi draghi, farfalle e scimmiette si preparano ad una mobilitazione generale di quelli che sono i nostri soliti ragionamenti, rivoluzionandone un ordine disordinato e mettendo ora davvero tutto sottosopra.





E.R.



domenica 16 novembre 2014

> Mettere a fuoco, ma senza mai bruciarsi




Musica consigliata: "The Ramones - What a wonderful world"


Voglio, Posso e Devo sono tre ragazzi molto riservati, hanno appena effettuato l'iscrizione al primo anno di giurisprudenza e, malgrado non si conoscano ancora, hanno dei caratteri molto simili l'uno all'altro.
Un giorno come altri capitò che mentre erano in fila per entrare nel bar e spezzare la fame, il più intraprendente dei tre attaccò bottone e da lì iniziarono a parlare e a fare conoscenza. 
"Come vi chiamate?" 
"Io Voglio", "io Posso", "io Devo". 
Un inizio come si può ben immaginare che non poteva essere più imbarazzante. 
Ciascun ragazzo non capiva cosa realmente volessero dire gli altri due con quelle loro risposte, le quali più che nomi propri sembravano dei verbi sparati li senza complemento; e così, dopo un apatico silenzio, si fecero forza e collaborando ruppero il ghiaccio, che subito utilizzarono per un aperitivo. Iniziarono a frequentarsi e, col passare delle settimane, capirono che questo senso di incompletezza si rifletteva sul loro carattere oltre che sul nome e poteva essere lo stimolo a far crescere questa amicizia. 
Era proprio così, si sentivano desiderosi di raggiungere un qualcosa che nonostante i mille sforzi di comprensione, non veniva mai bene individuato dai tre. 
Spesso erano definiti da chi non li conosceva come troppo solitari o poco socievoli, ma loro ben sapevano che questa tecnica era solo uno scudo dietro il quale potevano ripararsi e che sarebbero riusciti a non farne più uso solo con l'aiuto di qualcuno che per esperienza o per qualche strana situazione comune potesse convincerli a metterlo da parte. 
Passò il primo anno, e il trio era sempre insieme nei corridoi dell'ateneo. 
Devo era il vero e proprio leader del gruppo e amava organizzare uscite e sessioni di studio, Voglio e Posso erano meno legati allo scegliere i singoli eventi, ed erano felici di poter vivere questa nuova esperienza comunque si presentasse, mostrandosi sempre accondiscendenti nelle decisioni del primo. 
Devo non avrebbe voluto manifestarsi sempre così preciso, ma il suo senso di responsabilità sembrava come imporglielo. 
Successe che un giorno Posso e Voglio, stanchi delle lezioni precedenti, decisero di saltare l'ultima e farsi un giro nei dintorni dell'Università; la reazione di Devo fu prevedibile, avrebbe voluto che per una volta loro condividessero il suo modo di pensare, e scocciato rimase a studiare dopo aver mostrato il suo dissenso platealmente. 
Si sa come vanno queste cose e ancora di più lo si immagina conoscendo quanto fossero permalosi i ragazzi nella nostra storia, e così da quel giorno il rapporto si raffreddò e iniziarono a limitarsi ad un saluto a inizio e fine lezione. 
Ciò che non si affievolì era il legame fra Posso e Voglio, sempre più uniti l'uno all'altro. Sembravano pensare con una sola testa, e agire con un unico corpo. 
Spesso i loro amici chiamavano l'uno col nome dell'altro: Voglio era ormai come Posso. 
Vivevano ogni situazione credendoci intensamente e immergendosi in ciascuna in modo ogni volta da poterne uscire vittoriosi, lo facevano non per il senso del dovere, ma perché volevano scoprire come sarebbe andata a finire. 
Sapevano di potercela fare per le abilità di entrambi, e per la complicità che era nata e sulla quale avrebbero potuto scommettere. 
Devo si laureò col massimo dei voti, e mai nessuno avrebbe potuto criticarlo o recriminargli qualcosa, la sua forza nasceva da dentro se stesso e da un iter che era già scritto nero su bianco che definiva la sua storia prima ancora che questa stessa venisse vissuta. 
Posso e Voglio, avevano un altro disegno dentro, fatto di sfumature e diverse cromature, luci e ombre, che rendevano pieno di certezze, un percorso ancora sconosciuto, ma bellissimo da costruire, insieme.





E.R.




giovedì 13 novembre 2014

> -"Mi Sento fortunato" - direbbe Google



Musica consigliata: " Che fantastica storia é la vita - Antonello Venditti"


C'era una volta in una cittá dalle mille strade e dagli edifici color pastello, un uomo sempre indaffarato.
Egli riusciva ogni giorno a saturare la sua giornata; il suo lavoro sicuramente lo impegnava molto, ma oltre ad esso altre numerose attività lo portavano ad attraversare la città in lungo e in largo: la sua voglia di fare era davvero inesauribile.
Girava sempre con una ventiquattr'ore di pelle verde e con una sigaretta accesa, che spesso si scordava anche di fumare.
"Ormai é un vizio"- diceva -"Devo averne sempre una in mano"- ma anche lui era poco convinto di questa scusa, si vedeva.
La sua compagnia generava un sacco di stimoli, e osservarlo di mattina presto regalava un "effetto caffè" immediato e duraturo: energia e buonumore si iniettavano istantaneamente nelle vene di chi lo guardava per un risultato rapidissimo.
Claudio, questo era il suo nome, aveva però un grande difetto, era davvero sbadato. Avremmo potuto aprire per lui un ufficio oggetti smarriti: libri, occhiali, sciarpe stravaganti o il SuperSantos da regalare al nipote e che invece si era dimenticato su una panchina, sono solo alcuni esempi di oggetti persi e mai più ritrovati.
Sapeva di essere una persona distratta per natura, ma non era un limite che cercava di curare particolarmente, sebbene ne fosse così consapevole.
Un giorno, uscito dal forno sotto casa, si accorse di sentirsi molto più leggero rispetto al solito. Era meno pesante non solo il suo corpo, ma anche la testa, la quale ancora più del solito, sembrava perdersi in mille giri senza mai tornare sulle spalle.
Ripensò un attimo a cosa fosse successo dentro al panificio, ma non sapendo darsi una risposta e sentendo il bisogno di potersi togliere ogni dubbio, vi rientrò. Varcò l'uscio e suonati i campanelli sopra la porta, tra gli odori croccanti e filoni ripieni di ogni squisitezza, individuò facilmente il motivo della sua leggerezza.
Questo era seduto proprio dietro alla cassa: una ragazza dagli occhi vispi e col naso all'insù, che lo guardava spensierata.
Sulle spalle di lei, un cuore e un cervello giocavano a fare l'angelo e il diavolo come nel più classico dei cartoni animati, rincorrendosi e suggerendole consigli. Claudio aveva scoperto così di aver nuovamente perso qualcosa, proprio quel Cuore e quella Testa, che erano andati a divertirsi con quella sconosciuta che faceva della sua semplicità la sua caratteristica più bella.
A quel punto, sentendosi ancora più leggero, iniziò a sollevarsi da terra come un palloncino. La situazione cominciava a spaventarlo e preso di sorpresa, si attaccò proprio a lei che con garbo gli sfiorò la mano e lo trattenne a se'. "Questi devono essere tuoi"- gli disse sorridendo e riconsegnando al nostro protagonista i due oggetti misteriosi che gli permettevano di riancorarsi a terra.
Diventato completamente rosso si sbrigò a risistemarsi i vestiti e ad uscire salutando a malapena e guardando in basso.
Si era innamorato. Un colpo di fulmine irresistibile che aveva scioccato la sua giornata e lo aveva inoltre lasciato senza pranzo, rimasto dentro la valigetta verde accanto alla cassa.
Sorridente andò a lavoro, sapendo già che ci sarebbe stata un'occasione per poterla rivedere.

  



E.R.




domenica 9 novembre 2014

> Inizia a fare i numeri, per poter contare davvero qualcosa






C'è chi scarica la propria rabbia sul sacco e non smette finché non sente più le mani, e chi va a correre e invece di lottare per un obiettivo va contro se stesso in una sfida fino allo stremo delle  proprie forze; chi incanala i suoi nervosismi sui cuscini e chi si sfoga con il primo passante per strada; chi mangia senza freni e chi come molti, non sapendo davvero dove sbattere la testa, si appella allo scorrere del tempo, unico e fedele galantuomo.
Un po' come l'energia, Lei, la rabbia, non si distrugge, ma evolve in mille sensazioni, dopo che mille altre l'hanno provocata: è un fattore comune, uno step che attraversiamo tutti.
É come una mano che si trova dentro al nostro corpo. 
Inizialmente ne tiene le redini e ci conduce senza farci ragionare, poi col passare del tempo allenta la presa, permettendoci altri sbocchi di pura felicità.
Il nervosismo sale, lo stomaco si torce, le palle girano e la testa fugge, eppure nonostante queste acrobazie, la sensazione di risultare bloccati in quei momenti é la più comune: una netta opposizione che sottolinea quanta confusione si vive in quel momento.
Si riparte da se stessi, col supporto di due, tre amici, ma soprattutto da se stessi, mettendo un piede avanti l'altro e le braccia ben stese per riprendere bene l'equilibrio.
Così passo dopo passo facendo attenzione a non ricadere andrà sempre meglio, fino a quando accetterai l'incontro di qualcuno che ti cinge i fianchi e che con la sua dolcezza rafforzerà la tua stabilità facendoti mettere da parte la tua abilità da circense.
La sensazione di vuoto iniziale viene ricolmata così di stimoli quanto di farfalle, che nello stomaco si sa, devono essere sempre delle colorate protagoniste libere di volare.




E.R.


martedì 4 novembre 2014

> If I lose my self that night




Musica consigliata: " If I lose my self - One Republic"



Questa notte mi è arrivato un sms da un numero sconosciuto, ho sbloccato il telefono e accecato dalla luce fredda dello schermo ho letto:

"Oggi fiorisco sensibile".

A pranzo mentre ero in fila per la mensa, come se fossi illuminato di nuovo dallo schermo ho iniziato a ripensarci.
Un fiore è talmente sensibile alla luce, che non vive senza di essa, lei gli dona vita e lui si sposta nella sua direzione per poterne godere sempre di più.
Mostrando la sua corolla sembra sussurrare: "Sono qui, non serve che mi parli, mi basta guardarti, sei la mia energia. Grazie".
Arrivato al bancone ho scelto un panino senza parlare, indicandolo:  ero troppo immerso nei miei pensieri per poter fare altro.
Una persona sensibile è delicata, ma non sempre fragile. 
Nel momento in cui “sboccia” infatti amplifica tutto ciò che percepisce e se le si vuole essere vicini, bisogna stare attenti a come ci si muove.
Devi aver cura di “innaffiarla” secondo le necessità e stare attento a “non calpestarla”, non si rialzerebbe facilmente.
A quel punto il pranzo era finito e mi ritrovavo a giocare con il cellulare e a prendere qualche appunto.
Ne ero e ne sono sicuro, tutti un giorno siamo fioriti sensibilmente .






E.R.


domenica 2 novembre 2014

> " Tutti quanti voglion fare Jazz ", o almeno ci provano




Musica consigliata: " Cesare Cremonini - Il Comico (Sai che risate)"


Avete presente tutti quei sogni che avreste voluto veder realizzati? 
Tutti quei desideri che eravate certi si sarebbero concretizzati nel modo che più meritavano? 
Nessuno ci aveva detto che sarebbe andata bene, ma dentro di noi qualcosa ci spingeva ad essere fiduciosi, eppure...
Il nostro carattere così come alcuni nostri atteggiamenti, sono nati nella nostra infanzia, ed è proprio lì che potrebbe risiedere la spiegazione a quel lumicino che alimenta le nostre false speranze che si trova nascosto dentro di noi.
Questo possiede addirittura un nome "Walter Elias Disney", più noto come Walt Disney.
Lui fin da piccoli ci ha inculcato in testa che ogni storia finisce bene, e che anche il personaggio più sfortunato della terra ha nello svolgimento e conclusione della vicenda un ribaltamento positivo della situazione che ha un po' dell inverosimile, ma fatto sta che chiedendo in giro, quale fra Topolino e Paperino sia il personaggio più amato, non staremmo neanche a studiare le percentuali di risposta: ci immedesimiamo soprattutto nel papero, che nonostante la voce incomprensibile, ottiene sempre il suo scopo (magari dopo aver lucidato migliaia di monete).
La Numero 1 è sempre ritrovata, Ciccio mangiando e basta riesce comunque a tirare avanti senza problemi, Qui Quo e Qua malgrado l'antipatia a pelle suscitata, sono sempre i leader di ogni hobby a cui si dedicano.
Perché proprio io nella mia vita reale devo fallire qualcosa?
Ma il caro Walt, giá ce lo aveva fatto capire con qualche messaggio velato che tutto sarebbe stato da prendere con le pinze; basta pensare al suo capolavoro, che già nel titolo doveva allarmarci e farci mettere tutto in discussione: Fantasia.
Il coccodrillo e l'ippopotamo che riescono a ballare con leggiadria, sono stati poi l'ennesimo campanello d'allarme per il quale i nostri genitori finito ogni cartone o ogni fumetto, avrebbero dovuto farci ripetere "Non è detto che vada proprio così. Non é detto che vada proprio così... ".
Come recita ogni foglietto illustrativo poi, si sa che dopo un po' l'effetto Disney potrebbe svanire, ma per questo ci viene in aiuto il periodo natalizio, che con il suo  palinsesto televisivo rimasto invariato ormai già da qualche anno, ci permette di reintegrarci con un bombardamento di fiabe degno di questo nome.
Da Balto alla Carica dei 101, da Biancaneve a Robinhood, veniamo ricaricati di "C'era una volta" e di "Vissero felici e contenti" in modo da poter superare l'anno che verrà con la giusta dose di zuccheri.
Principi, principesse, draghi sconfitti e animali parlanti sono i frutti di un genio davvero incontenibile, non potremo mai davvero resistere dal cantare "Romeo il meglio gatto del Colosseo" quando quel bel micione lusinga la sua Giulietta dal pelo bianco e morbido, però poi quando qualcosa nella nostra vita di tutti i giorni non va proprio come dovrebbe andare, dobbiamo sapere che non basterá mai la "Crema di crema alla Edgar" per saziare qualche vuoto.
Allora in alternativa, sarà il caso di inventarsi qualcosa che non sia "fantastico" perché completamente fuori dall'ordinario, come ciò che i cartoni raccontano, ma che sia "fantastico" come una vista mozzafiato alla quale nonostante un percorso impervio vale la pena poterci arrivare, un fantastico che sia disponibile più di un finale disneyano e che permetta anche a noi di poter fare Jazz.








E.R.