Ne parlavo giusto con Te



Ti è mai capitato di fantasticare sulla persona che ti passa avanti di corsa, dimenandosi con mille borse, o sul vecchietto che con lo sguardo perso nel vuoto sembra proiettare le immagini della sua giovinezza dai suoi occhi? Io l'ho fatto e lo faccio ancora. E quando nel farlo ascolto una canzone il viaggio continua e prende vita.



domenica 12 ottobre 2014

> Un accendino in una tasca e una risposta pronta nell'altra


Musica consigliata: "Discolabirinto - Morgan ft Subsonica"



Roma 02:15 inizio ottobre

13 minuti in piedi, prendo dalla tasca il telefono giusto in tempo per mandare un sms ad Alessia e dare una sbirciatina al suo profilo Facebook e vedere, rialzando lo sguardo, che una folla intorno a me era comparsa dal nulla.
Ero stipato in mezzo a camicie bianche, tacchi alti e tanta smania di entrare in un posto che avrebbe regalato euforia pura.
Avevo così tanti brividi che attraversavano la mia schiena per il freddo che nemmeno nei peggiori giorni di Gennaio ne avrei sentiti di così fastidiosi.
Avrei voluto portare la giacca che mi era stata regalata lo scorso anno dai miei al compleanno, ma Paolo non era d'accordo, aveva insistito fino alla fine.
Sarebbe stata la nostra prima serata libera dopo settimane e non avremmo dovuto perdere nemmeno un attimo avanti al guardaroba, del resto, avevamo il portabagagli del suo nuovo bolide a GPL, perché avremmo dovuto spendere i nostri soldi quando avremmo potuto berceli qualche minuto dopo?
Peccato che il mio buon amico non si fosse solo accontentato di farmi congelare di fuori, l'Infame era riuscito già da qualche minuto ad entrare nel locale.
Aveva adocchiato alle liste la cugina della sua vicina, quella da sempre innamorata di lui, ma che lui non aveva mai tenuto in considerazione.
Lei in un attimo era stata eletta "Svolta della serata" e si erano dileguati all'interno risucchiati dalle vibrazioni di un esercito di subwoofer, dai finti sguardi languidi (almeno da parte di uno dei due) e soprattutto spinti dal mio buonismo del quale come al solito non mi capacito ( "Vai, vai tranquillo"- gli avevo detto mordendomi però la lingua).
Finalmente si entra.
La serata era già iniziata e la musica e l'atmosfera erano in antitesi con il freddo che avevo lasciato di fuori.
Ecco che mi trovo avanti Paolo con un paio di drink in mano, accompagnato da altrettante ragazze che avevo già visto con lui in facoltà.
Fluorescenti e forti erano i due bicchieri, fluorescenti e forti erano loro due.
Queste dopo un bacio sul bordo del labbro inferiore, mi chiedono da accendere, e un po' del mio Japanese.
Le guardavo inebetito cercando un argomento intelligente per aprire una conversazione, anche se forse sarebbe bastato rilanciar loro qualcosa sulla scomparsa delle mezze stagioni o sulla ruota che non gira mai dalla parte giusta: nessuno aveva realmente voglia di prendersi sul serio, quantomeno io.
Avevo mille pensieri che accorrevano dentro di me e l'impaccio sembrava aumentare quanto la mia lingua continuare a contorcersi.
Guardavo Paolo chiacchierare con le sue amiche con una spontaneità inarrivabile, e solo ad allora improvvisamente tutto dentro di me si sciolse.
La musica era quella giusta, le luci non mi accecavano e finalmente avevo trovato quello spazio in cui poter ballare senza rischiare di dover discutere con chiunque passasse di lì.
Le mie gambe si muovevano da sole seguendo il ritmo giusto, e Paolo e le due ragazze col mio stesso tempo mi sorridevano in senso d'approvazione: era davvero la serata giusta.
Mi guardavo intorno e nonostante la moltitudine di gente, avevo ormai preso i miei punti di riferimento in quel paese dei balocchi: il tizio hipster col papillon, la ragazza maggiorata che si muoveva nella pista circondata dall'immancabile orda di lupi affamati, il Dj part-time che si divideva fra la console del locale e lo shaker delle patatine del fastfood dalla grande M gialla.
Era una realtà bellissima, non pensavo davvero a niente, ma fu proprio allora che tutto terminò, risucchiato dallo scratch del dj.
Scomparvero nel nulla la consumazione, la musica, e la fluorescenza delle due ragazze.
Scomparve la sensazione di onnipotenza insieme a tutti i miei punti di riferimento e rimase solo Paolo, che mi sorrideva fischiettando mentre mi accompagnava alla macchina con quei i brividi che piano piano iniziavano a riaffacciarsi.
Mi guardò sorridendomi e passandomi con due dita un fogliettino col numero della mora che da solo non sarei mai riuscito a conquistare, accennai un sorriso: ci intendemmo.
Dopo qualche passo arrivammo alla macchina senza parlare, divertiti dalle scene che ci circondavano. -"E ora? Dolce o salato?" - mi chiese una volta aperta la macchina mentre mi passava la giacca.
-"Pizzette rosse!"- gli risposi senza esitare, sorridendogli in anticipo per quello che sarebbe stato un finale ancora più dolce.


                               





E.R.



Nessun commento:

Posta un commento