Ne parlavo giusto con Te



Ti è mai capitato di fantasticare sulla persona che ti passa avanti di corsa, dimenandosi con mille borse, o sul vecchietto che con lo sguardo perso nel vuoto sembra proiettare le immagini della sua giovinezza dai suoi occhi? Io l'ho fatto e lo faccio ancora. E quando nel farlo ascolto una canzone il viaggio continua e prende vita.



domenica 26 ottobre 2014

> L'ora illegale

La prima é mora, alta e slanciata, in possesso di quella camminata magnetica capace di far ruotare il collo di ogni persona al suo passaggio, donne comprese. Nessuno l'ha mai vista senza occhiali da sole, anche nelle giornate più grigie.
Dire fascinosa per descriverla, é dire poco.
La seconda é certamente più bassa, dotata di un sorriso dalle mille sfaccettature, capelli rossi, tinti, e occhi verdi, veri.
Sono due sorelle così legate, eppure sempre così lontane fra loro.
Sebbene le conosca fin dalla nascita, non ho mai capito quale delle due sia in realtà l'amica sincera capace di farmi dormire un'ora in più.
Di certo c'é che sono affascinato da questo poter comandare il tempo.
Tutti in quei due giorni all'anno spostano la lancetta dell'orologio cancellando o aggiungendo un'ora, dimostrando allo scorrere dei minuti che siamo stati noi ad inventarlo e che possiamo variarlo quando vogliamo.
 In effetti sarebbero tanti i momenti che col metodo "ora in più-ora in meno" avrei sinceramente aggirato durante la mia vita, facendo un salto a piè pari proprio sopra di essi.

"Non può chiamare proprio me, ce ne sono altri 15!", mi ripetevo autoconvincendomi con la grinta che neanche in un corso motivazionale ti insegnano ad avere, ma ascoltando il mio cognome e vedendo lo sguardo della professoressa fisso su di me, smontavo il solidissimo castello di carte appena innalzato: era l'interrogazione senza aver studiato, quella che ti regala in omaggio blocco allo stomaco, brividi e sguardo vuoto. 
Una sensazione unica e per fortuna irripetibile, capace di essere interrotta solo da quella campanella dal suono "caldo e armonioso". 

Altro momento "sensibile" può essere legato alla prima fidanzatina, quella bionda della classe accanto, che piaceva a tutti e che poi era uscita anche con me. Innamoratissimo e balbettante io, furbetta, gagliarda e così esperta lei. 
Così tanto da ritrovarmi qualche settimana dopo, rimandato al mittente con un lungo e fastidioso timbro sulla fronte che dice "ti lascio perché ti voglio troppo bene" con l' alternativa del momento di riflessione, che fa così chic e rimasto solo con la sensazione di pieno frastuono perché innamorato e impotente. 

E non parliamo dello sport. 
"Ragazzi sapete quanto può essere importante questa vittoria per noi, dentro o fuori, ci giochiamo tutto!". Ma altro che vittoria o sconfitta, lo sapevo bene io per cosa stava quel dentro o fuori: o sarei stato capace di lasciare fuori dal palazzetto i miei pensieri e le preoccupazioni, oppure gli altri in questa giornata così importante avrebbero fatto a meno di me. Dovevo concentrarmi, prender la squadra per mano, e ognuno avrebbe fatto il suo. 
Le gambe molli, lo stomaco vuoto, la mente congelata. 
Dovevo fare qualcosa. 

Se avessi saltato tutti questi momenti, avrei imparato una disciplina olimpica con tutto questo allenamento e forse vinto anche qualche premio in compagnia però di un'asta che avrebbe avuto molti più attributi di me. 
Di certo non avrei battuto e ribattuto la testa. E anche lì solo un fattore é servito per far passare il dolore: il Tempo.
Ancora una volta ci si appella a lui e al suo trascorrere, ma purtroppo o per fortuna, solo due volte all'anno può essere alterato sistematicamente.





E.R.


Nessun commento:

Posta un commento